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NOTA - L'IMMAGINE DIGITALE

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L'IMMAGINE DIGITALE

Il termine digitale  viene impiegato per indicare informazioni espresse in forma numerica, cioè variabili di tipo discreto che possono essere trattate direttamente da un calcolatore.
Le grandezze di tipo analogico non possono essere utilizzate da un calcolatore se non vengono prima trasformate in forma numerica o digitale.  In entrambi questi casi, è necessaria una “conversione analogico-digitale” perché questi dati possano essere gestiti da un computer.
Un aspetto importante della conversione analogico digitale è rappresentato dall'accuratezza della trasformazione.  La trasformazione analogico-digitale implica la perdita di una parte delle informazioni, poiché una illimitata gamma di valori viene classificata in un numero limitato di livelli discreti.
L'entità della perdita sarà in  funzione dell'ampiezza di variazione del segnale da convertire e del numero di bit utilizzati nella conversione.
La trasformazione di un numero, compreso, tra 0 e 256, in forma binaria (unica forma gestibile da un calcolatore) richiederà l’utilizzo di almeno 8 bit.
Se invece vogliamo che la nostra immagine abbia un’accuratezza maggiore, dovremo utilizzare un numero di bit più elevato, più questo numero sarà elevato più la risoluzione dell’immagine sarà accurata.
Attualmente il limite dei sistemi di radiografia digitale esistenti e di 16 bit, equivalenti a 65356 livelli digitali, e nel immediato futuro questa soglia sarà ampiamente superato.


PIXEL

Ogni quadratino di un'immagine digitale viene rappresentata da una serie di numeri binari ciascuno corrispondente al valore di assorbimento, che rappresenta l'elemento più piccolo in cui possiamo scomporre l'immagine bidimensionale.
Ogni quadratino dell’immagine viene definito “pixel”, mentre l’insieme bidimensionali dei pixel in cui viene scomposta un'immagine, prende il nome di “matrice”.
La dimensione della matrice è data dal numero di pixel presenti in ogni linea moltiplicato per le colonne della matrice.  Un pixel è caratterizzato da 3 valori: due che definiscono la sua posizione ed il terzo l’intensità di energia che il pixel e stato sottoposto.
Per avere delle immagini di buona qualità e non perdere informazione, la dimensione dei pixel deve essere quanto più piccola possibile e il numero di bit il più elevato possibile.
I rivelatori producono segnali variabili in maniera continua sia spazialmente che in intensità; tali segnali si dicono analogici.
I valori digitali si ottengono effettuando un campionamento, ad intervalli predefiniti, sia per quanto riguarda la posizione del pixel che dell’intensità, dei segnali analogici.
L’indicazione di un determinato punto può essere individuato dal valore del pixel corrispondente nelle immediate vicinanze o dal successivo, mai da un valore intermedio.
Sono da considerare nella trasformazione di una immagine analogica in forma digitale, due tipi di errori.


- Il primo, relativo “all’accuratezza spaziale”, più sarà definita l’immagine (maggiore numero di pixel) minore sarà l’errore.  In termini generali, l’immagine digitale è tanto più definita quanto più è elevato il numero di pixels che la compongono.
Tuttavia la codifica delle immagini con un elevato numero di pixels implica la necessità di enormi spazi di memoria e gestione di calcolo elevato che incidono pesantemente sul costo dei sistemi elettronici che dovranno gestirle od utilizzarle.

-  Il secondo parametro fondamentale e il “range dinamico dell'immagine” per la determinazione dell'errore di conversione, è l'ampiezza dell'intervallo dei valori rappresentabili in forma discreta; una riduzione della differenza tra il valore massimo e quello minimo, entro cui la grandezza considerata può variare, conduce ad una diminuzione della precisione di conversione, ma è anche vero se a parità di bit utilizzati per ogni campione, l'ampiezza del suddetto intervallo aumenta.  
Nella scelta delle risoluzioni spaziali intervengono anche considerazioni pratiche ed applicative, come per esempio, il valore del potere risolutivo; cioè la capacità di distinguere come entità separate, due componenti molto ravvicinati tra loro.
L’occhio umano non riesce a distinguere dettagli al di sotto dei 40-80 micron e pertanto utilizzare pixel con dimensioni inferiori non porterebbe a nessun vantaggio pratico.  In pratica bisogna cercare costantemente il miglior compromesso tra le esigenze di definizione dell’immagine e i costi derivanti da un sistema all’avanguardia.

QUALITA' DELL'IMMAGINE DIGITALE E RAPPORTO SEGNALE/RUMORE
La qualità di un’immagine digitale rappresenta uno dei fattori più importanti dei controlli non distruttivi nel settore industriale.
La visibilità di importanti dettagli dipende da diversi parametri sia soggettivi che oggettivi; tra i primi ricordiamo soprattutto la “percezionedi un dato reperto, che varia notevolmente in rapporto all'esperienza dell'operatore, e il “rendimentodell'osservatore, che molto spesso risulta tutt'altro che costante ed estremamente sensibile al variare delle condizioni ambientali.
Tali parametri non differiscono di molto da quelli già considerati per le immagini analogiche, anche se nelle immagini digitali assumono maggiore importanza proprio perché gli algoritmi di elaborazione ed i sistemi elettronici risultano molto più sensibili al degrado delle immagini rispetto all’occhio umano. Inoltre, esistono una serie di fattori che intervengono provocando un peggioramento della qualità dell’immagine.
Tali fattori agiscono in maniera del tutto casuale e possono essere solo parzialmente controllati per ridurre i loro effetti, ma mai eliminati completamente.
Essi intervengono producendo rumore, cioè inducendo un degrado o una perdita di una parte delle informazioni contenute nel segnale.
Il rumore è una componente intrinseca, anche se indesiderata, dei processi di acquisizione e trattamento delle immagini analogiche e digitali, ma in ogni caso , riveste sicuramente una maggiore importanza nei sistemi digitali, dove i processi elettronici di formazione delle immagini sono particolarmente gravati da diversi effetti di “rumore ”.
Riportiamo qui sotto le principali caratteristiche tecniche che compongono un’immagine digitale e che sono rappresentate dai seguenti punti:

RANGE DINAMICO
Nella conversione analogico-digitale il primo tipo di errore si riscontra sulla precisione della trasformazione.
Come già definito,  il numero di bit utilizzati dal nostro sistema è in rapporto diretto con livelli digitali a disposizione per la trasformazione richiesta, per cui maggiore è il numero di bit utilizzati e minore sarà l’errore di approssimazione.
Il secondo parametro fondamentale per la determinazione dell’errore della conversione è l’ampiezza dell'intervallo dei valori rappresentati in forma discreta.
È chiaro che con una riduzione della differenza tra il valore massimo e quello minimo, entro cui la grandezza considerata può variare, contribuisce ad una diminuzione della precisione della conversione, ma possiamo affermare che è possibile visionare all’interno di un’unica immagine digitale, spessori e densità differenti potendo utilizzare un numero di bit sufficienti per cui l’occhio è in grado di discriminare le differenti variazioni del componente.  Questo parametro, riferito alle immagini digitali, prende ti nome di “range dinamico dell’immagine”.
La pellicola radiografica non è in grado di riprodurre accuratamente i diversi valori di assorbimento dei fotoni X, avendo come limite di poter bloccare un solo determinato punto dell’acquisizione radiografica.
Il limite dinamico del sistema digitale e rappresentato dal punto di saturazione del pixel, se il valore da assegnare ad un pixel supera il limite superiore del range dinamico, allora quel pixel sarà indicato con il valore massimo disponibile nella scala dei grigi, con la perdita di tutte le informazioni che hanno superato questo valore.
Perciò, anche se da un punto di vista pratico l’occhio umano non riesce a distinguere più di 16 livelli di grigio, lavorare con 1000-2000 livelli ci consente una maggiore possibilità di elaborazione e quindi di interpretazione del contributo informativo dell’immagine.

RISOLUZIONE SPAZIALE
La “risoluzione spaziale” viene generalmente espressa in paia di linee per millimetro e misurata per mezzo di test di risoluzione (definiti con le differenti normative a disposizione ASTM, ASME, UNI-EN, ecc).
Un’altra funzione spesso utilizzata per la valutazione della risoluzione spaziale è l'ERF (Edge Response Function).
Per semplificare, indicando che volendo trasferire un oggetto reale in un’immagine digitale, nella realtà alcune informazioni si perdono durante questo trasferimento, alcuni dati non vengono acquisiti o sono inesatti.
L’ERF valuta l’accuratezza della riproduzione derivante da una forte differenza di densità tra strutture contigue.
In pratica esso misura l'accuratezza di demarcazione del confine esistente tra strutture normali o tra una struttura patologica ed una normale.
Come si può evidenziare nella figura, la variazione di assorbimento che si registra appare meno netta di quanto atteso, proprio per la difficoltà di riproduzione dei margini.
Risoluzione Spaziale - Assorbimento fotonico dei raggi-X
Risoluzione Spaziale - Accuratezza dell'assorbimento fotonico
Una misura più completa del rapporto esistente tra originale e riproduzione radiologica può essere data mediante la MTF (Modulation Transfer Function).
La curva di MTF definisce per ogni valore di risoluzione spaziale la perdita di informazione introdotta dal processo di registrazione.
Risoluzione Spaziale - Frequenza spaziale MTF
Risoluzione Spaziale - Accuratezza della frequenza spaziale
Essa viene espressa in termini di rapporto tra le informazioni registrate e quelle disponibili nell’originale.
Quando il valore di questo rapporto è pari ad 1 allora la riproduzione è uguale all’originale.
La funzione di trasferimento (MTF) ha struttura logaritmica e, per i più comuni sistemi radiografici, ha un andamento inversamente proporzionale rispetto alla risoluzione spaziale e solitamente è rappresentata come indicato dal seguente grafico.
Risoluzione Spaziale - Funzione di trasferimento spaziale MTF
Risoluzione Spaziale - Trasferimento spaziale MTF
Un grafico di questo genere può essere estremamente utile per paragonare due sistemi che, pur possedendo gli stessi valori di risoluzione spaziale massima, presentano MTF differenti.
Il sistema B infatti, a parità di risoluzione spaziale, produrrà una migliore qualità di immagine.
L’MTF svolge un ruolo molto importante soprattutto nella valutazione di sistemi di immagine complessi.
In tali sistemi, infatti, ogni singolo elemento possiede un proprio MTF ed il valore relativo all’intero sistema è dato dal prodotto degli MTF di ciascuno dei componenti.
È opportuno perciò agire sui componenti la cui azione risulta più scadente per migliorare la qualità del sistema.
RISOLUZIONE DI CONTRASTO
La risoluzione di contrasto fa riferimento alla capacità dell’apparecchiatura radiologica, di registrare le differenze di assorbimento fotonico sotto forma di tonalità diverse di una scala di grigi.
Il contrasto dell’immagine,  è ciò che ci consente di percepire le informazioni contenute nell’immagine stessa; non è importante avere una elevata risoluzione di contrasto per registrare anche le più piccole differenze di assorbimento, ma è necessario che il sistema abbia la possibilità di modificare il contrasto in modo selettivo all’interno dell’immagine da visualizzare.
Questa possibilità rappresenta probabilmente l’elemento più significativo che ha determinato la superiorità dell’immagine digitale rispetto a quella analogica.
Infatti possiamo selezionare nella nostra immagine la sezione che più ci interessa e quindi, evidenziare tutte le differenze di contrasto in essa presenti, tramite una ridistribuzione “ottimale” dei livelli di grigio disponibili nella nostra scala utilizzata (procedimento di equalizzazione dell’istogramma dei livelli di grigio).
L’uso di programmi e l’inserimento di filtri digitali contribuisce ulteriormente alla modifica selettiva del contrasto.
La risoluzione di contrasto viene espressa dal numero di livelli di grigio distinguibili nell’immagine.
Nei sistemi digitali questo numero, è pari al numero di bits che il sistema può attribuire ai pixel.
Si passa perciò, dai 15-16 livelli di grigio percepibili in una immagine analogica ad almeno 256 livelli di un sistema ad 8 bits (radioscopia tradizionale), fino ad arrivare ai 16 bits dei nuovi sistemi a matrice (flat panel).
Attraverso la regolazione di questa impostazione, consente al sistema un utilizzo ottimale delle informazioni contenute nell’immagine.
Bisogna precisare, che la risoluzione attuale dei monitor venduti insieme ai computer, hanno una risoluzione a 8 bits (per cui 256 livelli), e ad eccezione di alcuni utilizzati in campo medico, possono usufruire di risoluzione da 10 bits (1024 livelli di grigio), ma dall’altra parte risultano molto costosi.
Abbiamo la possibilità di utilizzare una finestra ottimale di 256 livelli che possiamo muovere nella dinamica dell’immagine dei sistemi da 16 bits (65356 livelli), ottimizzando la nostra visione del particolare.
Bisogna anche indicare che insieme al contrasto ci sono altri parametri dai quali dipende la qualità d’immagine che sono: “l’uniformità spaziale” e la “linearità”.
L’uniformità spaziale: rappresenta la capacità di associare lo stesso valore a tutti i pixel relativi ad un’area di densità omogenea e costante.
Come riportato nella figura, anche la distanza del tubo radiogeno e due punti differenti dello stesso ricevitore (punto A – B) può influire sul valore del singolo pixel.
Risoluzione di contrasto e assorbimento di un tubo radiogeno
Risoluzione di contrasto di un tubo radiogeno
L’uniformità spaziale non risulta mai ottimale, sia nel corso di una stessa misurazione che durante prove ripetute sullo stesso oggetto di riferimento: sono le diverse fonti di rumore che intervengono provocando una leggera difformità nei valori attribuiti ai pixels adiacenti.
Questo parametro si valuta calcolando la deviazione standard dalla media dei singoli pixels contenuti all’interno di una regione ad assorbimento costante ed un valore accettabile è ±2% del valore medio. Collegata all’ uniformità spaziale è la linearità.
Con essa si esprime il rapporto di diretta proporzionalità esistente tra la densità di un punto e il valore di assorbimento registrato per il pixel corrispondente.
Considerando un oggetto con densità differenti, per ciascuna di queste aree il valore misurato deve avere un valore proporzionale allo spessore misurato in modo estremamente regolare.
Eventuali anomalie del valore acquisito, dimostrano l’esistenza di una non corretta taratura del sistema con comportamenti estremamente variabili in rapporto alla maggiore o minore quantità di fotoni incidenti.
RUMORE
In radiografia digitale, sia l’ambiente circostante, gli strumenti utilizzati, la geometria del componente, ecc. possono concorrere alla creazione di disturbi che agiscono in senso negativo nei confronti della qualità delle immagini.
Questi disturbi sono identificati come “rumore”, è il risultato di diversi fattori che, seppur con meccanismi diversi, agiscono degradando le caratteristiche delle immagini.  Tale azione può talvolta raggiungere livelli tali da rendere le immagini inutilizzabili.
Infatti, se due strutture di diversa opacità presentano differenze di assorbimento minori o uguali al rumore del sistema, esse saranno fra loro indistinguibili.
Pertanto la valutazione del rumore di un sistema elettronico assume particolare importanza, ma una importanza maggiore viene legata alla misura dell’effetto del rumore nel processo di formazione delle immagini.
Il rapporto segnale-rumore esprime una valutazione precisa di questa interferenza ed è sicuramente un elemento essenziale per un giudizio accurato della qualità di un sistema digitale.
Come già espresso in precedenza, ricordiamo che il rumore è una componente inscindibile dal segnale e pertanto anche l’analisi più accurata delle fonti di rumore ci potrà consentire solo di incrementare il rapporto segnale/rumore senza però poter mai eliminare la presenza di questa sgradita componente.
Le principali fonti di rumore sono rappresentate dal rumore quantico, dal rumore elettronico, dal rumore del convertitore A/D e dal rumore dei processi di elaborazione.
Il rumore quantico è comune sia ai sistemi analogici che a quelli digitali poiché dipende dal meccanismo stesso di produzione dei raggi X a livello del tubo radiogeno e dalla interazione di questi con la materia.
Esistono diversi metodi per ridurre l’effetto del rumore, uno di questi , è quello di misurare più volte il segnale elettrico ed effettuare la media di queste misure.
Dato che il segnale assume sempre valore positivo mentre il rumore oscilla in modo del tutto casuale, il risultato tenderà a ridurre gli effetti del rumore, incrementando il rapporto segnale/rumore.
Il rumore elettronico è una espressione generica, utilizzata per indicare tutte e le diverse fonti di disturbo legate all’imperfezione dei vari componenti di un sistema elettronico.
In un sistema di fluoroscopia digitale le principali sorgenti di rumore elettronico sono rappresentate dalla telecamera e dall’intensificatore di brillanza, mentre in radiografia digitale il sistema di lettura Laser rappresenta sicuramente la fonte più importante.
Il rumore elettronico può essere contenuto il più possibile utilizzando componenti di elevata qualità e sistemi di schermatura dei cavi, ma anche le  apparecchiature altamente affidabili presentano un certo grado di rumorosità.  Il rumore del convertitore analogico-digitale è esclusivo dei sistemi digitali.
Questa apparecchiatura, trasforma una grandezza analogica in dati digitali, campionando il segnale continuo e rappresentando i campioni così ottenuti tramite un numero di valori discreti.
Il rumore legato ai processi di elaborazione si genera durante il trattamento dei dati.
Infatti, qualunque procedimento di elaborazione digitale delle immagini, anche se conduce ad una migliore percezione di una parte delle informazioni in esse contenute, altera i dati originari e, quindi, introduce il rumore.
Per fortuna la tecnologia attuale è tale che il rumore nei sistemi di buon livello viene contenuto entro limiti perfettamente accettabili, anzi le più moderne apparecchiature elettroniche presentano rapporto segnale/rumore sempre più elevato riducendo l’influenza del più importante elemento di degrado della qualità dell’immagine.





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